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De Beers vara una nave di 113 metri e 12.000 tonnellate. I diamanti futuri verranno dal mare

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“The ocean is where future resources exist”. Sono le parole di Rahul Sharma, un oceanografo indiano al South Africa’s Council for Geoscience Annual Conference 2017. Lo sfruttamento dei depositi minerari sottomarini è nelle prime fasi, ma si stima che nel prossimo futuro si potranno ottenere milioni di tonnellate di metalli quali rame, nickel, cobalto, manganese e ferro. Ma sono stati i diamanti ad indicare la strada già una cinquantina di anni fa allorché si notò che la cintura di depositi alluvionali che segue in Namibia il solco del fiume Orange si prolunga molto oltre la costa in quello che ora è il fondale oceanico. Molti dei camini kimberlitici della regione sudafricana si sono gradualmente erosi ed i loro diamanti si sono dispersi, scivolando nei depositi alluvionali. Calcolando che, ad esempio, nell’area di Kimberley circa 1400 metri dei camini storicamente sfruttati erano stati precedentemente erosi nei millenni e che nella regione ne esistono più di 3000, si giunge a stimare in un miliardo e mezzo i carati recuperabili nei bacini secondari, molti dei quali off-shore. Dopo alcuni tentativi poco produttivi la grande impresa prende inizio nel 2002 con Debmarine una joint venture paritaria tra il governo namibiano ed il gruppo De Beers che nel 2016 ha procurato diamanti per un totale di 1,2 milioni di carati, il 13% del prodotto totale. Questo livello produttivo si pensa possa stabilizzarsi fino al 2035, l’anno in cui scadrà la concessione. Al momento non ci sono altre attività estrattive di diamanti sottomarini principalmente a causa del fatto che non esiste tecnologia cui poter fare riferimento. De Beers ha dovuto ispirarsi all’ingegneria delle piattaforme petrolifere per allestire delle unità specifiche in cui progettare e testare le fasi di trasporto idraulico (entrainment) e di lubrificazione (fluidization) degli strumenti di perforazione, di pompaggio pneumatico (gravel pumping) o con acqua della breccia e della separazione dei materiali (reconciliation). Le fasi di lavorazioni comprendono un trattore subacqueo (crawler) in grado di strisciare sul fondo e pompare, arrivando a scavare circa 5 metri sul fondale, tonnellate di sedimenti ogni ora. A bordo poi si seleziona il materiale per misura e poi per composizione geologica. Debmarine ha costruito e varato il 16 giugno a Walvis Bay la Nujoma, la più grande nave al mondo per questo tipo di operazione. Lunga 113 metri, costata 157 milioni di US$, con una stazza di 12.000 tonnellate, un elicottero ed un equipaggio di 80 addetti, l’imbarcazione è andata ad aumentare una flotta che si prefigge di monitorare e sfruttare il restante 97% delle 3000 miglia quadrate la cui concessione è partita nel 1991. La Nujoma lavorerà senza interruzioni per un triennio con turni di lavoro di 12 ore e cicli di 28 giorni per lavoratore.

Gem News a cura della redazione di Trasparenze News, pubblicato su Rivista Italiana di Gemmologia n. 2, Settembre 2017.

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